Altrimenti. Ci arrabbiamo.
- Pubblicato 8 Giugno, 2023
”Tu sai solo criticare tutto!”.
Si sa, i tempi che corrono hanno molto fiato e, a volte, si cade nell’eccesso di verbosità, con il rimprovero di cui sopra. Tuttavia, è curioso scoprire che, anche in quel passato che oggi chiameremmo d’oro, o aureo, intellettuali e scrittori lamentavano la deriva di valori, stile e società dei loro tempi. Che dire: passa il tempo, non i passatempi.
Ed è l’eterno dilemma tra l’essere, ovvero ciò che (si) è, e il dover essere, ovvero essere altrimenti da ciò che (si) è. Un altrimenti, appunto, che noi possiamo liberamente immaginare, ecco il punto, migliore di ciò che è. E questa libertà qui non è così banale come può apparire. Perché, comunque sia, questo “dover essere” (altrimenti) è tutto nostro: è la libertà che ci fa essere “esseri umani” e non cose tra le cose. Una libertà che forse, anzi sicuramente, non cambia nulla e, arrabbiandoci o no, ciò che è resta così com’è, lo si voglia o no. Ma non è importante.
Quando ci arrabbiamo siamo e restiamo umani, mettiamo una virgola al destino che è. Anche solo decidendo che va bene così com’è e che la morale sta nel capirlo e accettarlo, non dannandosi l’anima. Da storico a stoico e si smette di errare.
Concludendo: “altrimenti, ci arrabbiamo”, perché siamo animali bipedi, implumi e razionali. Ovvero intelligenti. Che poi sia questa la vera intelligenza, non si sa. Per il resto:
(…) rumoresque senum severiorum / omnes unius aestimemus assis*. Catullo, Carme 5.
*e i rimproveri dei vecchi severi consideriamoli tutti un soldo bucato.
Punto.