Occhio all’idea.

Il soprascritto in alto a sinistra imparò a sciare già da bambino. Niente di che: i campi da sci, perché ai tempi non erano piste, ma campi, erano a pochi minuti da casa. Poi, da ragazzino, come tutti i ragazzini, il suddetto scelse il suo campione, quello da imitare: Fausto Radici.
E così, ogni tanto, sui campi da sci, il soprascritto in alto a sinistra chiudeva un occhio, il sinistro, per provare a sciare come Fausto Radici, cioè tentando di scendere con la sua stessa forza ed eleganza. Non è affatto facile sciare guardando con un solo occhio. Figurarsi gareggiare tra i pali dello slalom speciale, contro i più forti sciatori del mondo. Eppure, anche con un occhio solo, l’altro lo perse a pochi anni di età, Fausto Radici scendeva e vinceva ed era uno dei campioni della mitica “Valanga Azzurra”, quella che dominò le discipline tecniche, in Coppa del Mondo, negli anni ’70.
Vinceva gare e superava limiti. Vedeva solo da un occhio e vinceva con l’altro. Un mito.

Ora, Idea deriva da vedere, radice -id-, come idolo o video etc. Conoscere ha avuto sempre un legame stretto con la vista, col vedere la realtà nitidamente, traguardarla con precisione, senza sfocature o dubbi. E, invece, chi lo sa, sovraesposti come siamo alle immagini, e anche basta, forse è proprio lì, in quel che non si vede o si vede poco, ciò di cui oggi abbiamo bisogno, per trovare qualcos’altro e creare alternative. Il che è quel che nel soprascritto in alto a sinistra si cerca di portare avanti. O indietro. Si cerca.
Altre storie, appunto.

(Nella foto di copertina: Fausto Radici, vincitore a Garmisch, 1976, portato in trionfo da Piero Gros, secondo in classifica, e Ingmar Stenmark, terzo).