Pubblicità e diari.

La pubblicità migliora questi film, dicevo, allargando le loro storie di solito sciocche su un piano di reali necessità industriali e commerciali, che danno loro un messaggio fondato sul sacro concetto del benessere collettivo.
Ennio Flaiano.

E già qua c’è molto, anzi tutto.
In Come riconoscere un film pornografico (1989), Umberto Eco scrive: Se per andare da A a B i protagonisti ci mettono di più di quanto desiderereste, questo significa che il film è pornografico.
E non a caso. Spiega Eco, infatti, che le lunghe scene di gente che si sposta in auto, in ascensore, in autobus etc, altro non sono che quello sfondo di normalità indispensabile affinché la trasgressione acquisti interesse. Da sola, la sola trasgressione diventa stucchevole. Detto alla buona e volgarmente, nei film pornografici, prima di vedersi una sana scopata occorre sorbirsi uno spot dell’assessorato ai trasporti, così Eco.
Ordunque, posta la questione in questi termini, e tornando alla citazione iniziale di Flaiano, tra film e pubblicità, chi rappresenta la normalità e chi la trasgressione? Nel senso: sono forse e proprio le continue, e troppo lunghe, interruzioni pubblicitarie a creare quell’indispensabile sfondo, di normalità e reali necessità industrial-commerciali, che rende interessante la trasgressione di un film*?
E la produzione di un film non è, a sua volta, gloria del sacro concetto di benessere collettivo che lo rende possibile e che il film onora ospitando la sua pubblicità?
Ecco, così, tanto per esercitarmi nella generazione di testi.

*Ovviamente, è compito del bravo creativo illudere che sia l’esatto contrario.

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Bibliografia:
Ennio Flaiano, Diario degli errori, Adelphi, 2002
Umberto Eco, Il secondo diario minimo, Bombiani, 1994