Silenzio bianco.

Il mondo è pieno di significati abbandonati. Nei luoghi comuni io scopro intensità e temi impensabili“.*
Don De Lillo, Rumore bianco, 1999 (©1984).

In effetti, in quel romanzo ambientato nel Midwest statunitense, c’è proprio un treno che deraglia, s’incendia e provoca una nube tossica che sconvolge la vita degli abitanti.
E le due frasi sono formidabili.
Guardare al mondo come a una rovina di significati, beh, c’ha la sua poesia, indubbiamente. Ed è anche vero che l’intensità dei cosiddetti luoghi comuni può essere sorprendente, se la si sa cogliere.
È gettare uno sguardo indietro nel tempo, dove c’è tutto ciò che è e sarà, concentrato in una singolarità. Nei luoghi comuni si scopre, appunto, l’impensabile. Tutt’intorno, distese abbandonate di idee e parole che si consumano al vento, con pochi custodi che armeggiano per vendere qualche pezzo introvabile, smontato dai libri e dai saggi ammucchiati.
Non fuori, bensì dentro i luoghi comuni c’è il massimo di creatività, cioè di qualcosa di non ancora pensato.

(*The world is full of abandoned meanings. In the commonplace I find unexpected themes and intensities).